Una (non tanto) breve guida alla scelta dell’obiettivo¹
Ripropongo un articolo dal vecchio blog che può sempre risultare utile a qualcuno.
Non entrerò nei dettagli, oltremodo incomprensibili ai più, ma mi limiterò ad enunciare i concetti fondamentali della teoria delle aberrazioni ottiche per i sistemi ottici centrati. Un sistema ottico centrato per quel che concerne questa guida altro non è che un obiettivo. Come per la maggior parte dei sistemi fisici è possibile descriverlo e modellizzarlo con differenti gradi di accuratezza e tutti i vari livelli di descrizione possono essere inquadrati nell’ambito di una teoria generale. La teoria fisica che meglio si adatta agli obiettivi, intesi come oggetti che debbono produrre immagini, è l’ottica geometrica ed è possibile formularla a diversi livelli di accuratezza, il primo, quello più conosciuto e solitamente studiato nei corsi universitari va sotto il nome di ottica di Gauss, o del primo ordine o ancora ottica dei sistemi perfetti. Si può utilizzare questo livello di descrizione quando si concentra la propria attenzione in una piccola zona attorno all’asse di simmetria dell’obiettivo detta zona parassiale e i raggi luminosi formano angoli piccoli con l’asse stesso². In particolare è detta ottica dei sistemi perfetti perché secondo questo modello e a questo livello di approssimazione le immagini sono riprodotte perfettamente: a punto corrisponde punto e a piano corrisponde piano, un’immagine che venisse riprodotta in tal modo sarebbe perfettamente uguale all’originale. Un sistema con queste caratteristiche è detto ortoscopico. È facile trovare esempi in cui le condizioni sotto cui questa approssimazione non vale: i grandangolari, in virtù dell’ampio angolo di campo inquadrato, non possono essere correttamente descritti dall’ottica di Gauss, ma anche per i teleobiettivi non è possibile ignorare gli effetti che vanno oltre il primo ordine, oppure quando si utilizza un obiettivo molto luminoso. In realtà anche per l’ottica di Gauss si parla, impropriamente, di aberrazioni. Sono due (quelle monocromatiche) e si tratta della vignettatura, che è un difetto vero e proprio, e della profondità di campo. La prima consiste in una caduta di luminosità ai bordi dell’immagine ed è dovuta alle dimensioni finite delle lenti che costituiscono l’obiettivo. Parte della luce raccolta dalla lente anteriore viene infatti assorbita dalla montatura dell’obiettivo. La seconda non è considerata un difetto, ed è solitamente sfruttata a fini creativi. Impostando il valore della messa a fuoco su un determinato valore dovremmo vedere a fuoco solo ciò che si trova a una determinata distanza, ma questo non accade mai, per fortuna. Il motivo è presto spiegato: fissata la distanza di messa a fuoco tutti i raggi luminosi provenienti da un punto posto a quella distanza dal piano focale convergeranno in un sol punto formando un immagine a fuoco. I punti posti davanti o dietro quella distanza formeranno sul piano focale un cerchio, se le dimensioni di questo cerchio (circolo di confusione) sono sufficientemente piccole l’occhio umano non distinguerà tra i punti realmente a fuoco e quelli che non lo sono. L’estensione della zona a fuoco viene detta profondità di campo. I grandangolari hanno profondità di campo molto più estesa dei teleobiettivi, che aumenta ulteriormente se si chiude il diaframma o si impostano distanze di messa a fuoco maggiori.L’ordine successivo di approssimazione, o di descrizione se si preferisce, è il terzo ordine: per motivi di simmetria gli ordini pari di approssimazione non danno contributi. A quest’ordine sono presenti cinque aberrazioni (monocromatiche): aberrazione sferica, coma, astigmatismo, curvatura di campo e distorsione. Poi a seguire tutti gli ordini dispari, ma difficilmente si hanno la necessità e le capacità di tenere in conto aberrazioni oltre il settimo ordine (è molto difficile che si arrivi al settimo ordine e succede solo per strumenti scientifici di altissima precisione). In fase progettuale le aberrazioni vengono studiate per cercare di annullarle e cercare di far comportare un obiettivo come previsto dall’ottica del primo ordine, ma progettare un obiettivo perfettamente corretto anche solo al terzo ordine è molto difficile, di conseguenza a noi fotoamatori non resta che scegliere il meno peggio.
La lunghezza focale
La grandezza fondamentale che contraddistingue un obiettivo è l’angolo di campo inquadrato, ma nessuno guarda questa grandezza perché in realtà quella che si prende in considerazione è la lunghezza focale. All’atto pratico indicare l’uno o l’altra non fa differenza perché al crescere della lunghezza focale diminuisce l’angolo di campo inquadrato e viceversa (a parità di dimensioni del sensore o del negativo, ben inteso). La lunghezza focale di riferimento per il formato 35mm è il 50mm, perché ha un angolo di campo molto simile a quello dell’occhio umano ed è anche detto “normale”. Gli obiettivi con lunghezze focali più corte vanno sotto il nome di grandangolari e quelle più lunghe sotto il nome di teleobiettivi. Per l’aps, il formato tipico del sensore delle reflex digitali, la lunghezza di riferimento, il normale, è 30-31mm. Passiamo in rassegna le più diffuse lunghezze focali: nella prima riga sono indicate le lunghezze focali per il formato 35mm in quella inferiore per quello aps.
35mm | 16 | 20 | 24 | 28 | 35 | 50 | 85 | 105 | 135 | 200 | 300 | 500 |
aps | 10 | 12 | 15 | 18 | 22 | 30 | 55 | 65 | 85 | 125 | 190 | 310 |
Da una decina di anni a questa parte, e anche più, le reflex vengono fornite con uno zoom con escursione centrata attorno alla lunghezza focale normale, in particolare 28-70 mm per il 35mm o 18-50mm per l’aps. Uno zoom con questa escursione permette di soddisfare alle più comuni esigenze di ripresa, anche se va detto che spesso per tenere basso il prezzo di vendita quello fornito a corredo delle reflex è poco di più di un fondo di bottiglia. Mi riferisco non tanto all’ampiezza dell’escursione focale quanto alla resa ottica fornita da questi obiettivi. Se possibile vi consiglio di comprare la reflex col solo corpo e cercare un obiettivo di miglior livello per corredare la vostra reflex oppure di sbarazzarvi al più presto di quello fornito a corredo e procurarvi un obiettivo degno di questo nome. Il mercato è stato ormai conquistato dagli zoom data la loro grande flessibilità d’uso e quindi la tabella riportata sopra sembrerebbe essere inutile, invece risulta ancora comoda per la scelta della lunghezza focale. A meno di essere un professionista o di avere esigenze particolari non serve dotarsi di tutte le lunghezze focali riportate in tabella, ma basta alternarle. Questo perché, ad esempio, le differenze tra un 24 e un 28 non sono così evidenti da giustificare l’acquisto di entrambi. Teniamo presente che se uno zoom ha una grande escursione focale per forza di cose deve essere stato raggiunto qualche compromesso in fase di progetto, ossia si paga la comodità di avere tante focali in una sola ottica con una qualità più bassa. In particolare gli obiettivi più critici da questo punto di vista sono i grandangolari e gli zoom che si spingono a queste lunghezze. I teleobiettivi per la loro natura (leggi piccoli angoli di campo inquadrati) invece sono meno afflitti dalle aberrazioni ottiche, anche se non ne sono esenti.
La luminosità
È la seconda caratteristica che si deve prendere in considerazione al momento dell’acquisto, in particolare si deve prendere in considerazione l’apertura massima, mentre non è di nessuna utilità prendere in considerazione l’apertura minima. Il valore dell’apertura del diaframma, solitamente una frazione, è definito come il rapporto tra il diametro della lente anteriore e la lunghezza focale e viene indicato col simbolo f/ seguito dal valore numerico, per convenzione viene omesso 1/ (quando leggete f/2,8 significa 1/2,8). Si utilizza questa grandezza perché è omogenea per tutti gli obiettivi, un grandangolare o un teleobiettivo una volta che hanno impostato la medesima apertura faranno arrivare sul negativo o sul sensore la stessa “quantità di luce”. Avere un obiettivo luminoso è sicuramente un vantaggio, permette tempi di scatto più brevi e un immagine nel mirino più luminosa. Detta in questa maniera sembrerebbe che per avere un obiettivo luminoso basti far crescere il diametro della lente anteriore; le cose purtroppo non sono così semplici, infatti al crescere della luminosità le aberrazioni ottiche hanno un peso maggiore e causano un calo della qualità dell’immagine. Di conseguenza progettare un obiettivo più luminoso non significa solo progettarlo più grande, ma soprattutto progettarlo con più cura. Questa maggior cura progettuale in generale fa sentire i suoi effetti, oltre che sul prezzo, anche alle aperture minori con una qualità più alta rispetto ad obiettivi della medesima lunghezza focale, ma meno luminosi. Tutti gli obiettivi migliorano sensibilmente la loro resa chiudendo il diaframma, perché in questo modo si riduce il contributo delle aberrazioni. Non pensate però che chiudendo il diaframma sul valore più basso otterrete la resa ottica migliore: in questo caso inizieranno a farsi sentire i fenomeni di diffrazione. Solitamente la resa migliore di un obiettivo si ha intorno a f/8.
Peso e dimensioni
Peso e dimensioni generosi stanno a dimostrare una cura nella costruzione meccanica (uso di metallo) e ottica (un maggior numero di lenti e di ampio diametro) e pure vanno presi in considerazione, ma si può anche avere la necessità di fuggire il più possibile da obiettivi pesanti o ingombranti ad esempio se si deve fotografare in viaggio portandosi l’attrezzatura in spalla o se per qualche motivo bisogna passare inosservati. Chi avesse a disposizione grosse cifre può tranquillamente pensare di comprare diversi obiettivi a seconda se si troverà a fotografare in studio o in viaggio, purtroppo la maggior parte dei fotoamatori si troverà a dover scegliere se trasformarsi in uno sherpa quando è in viaggio oppure se limitare la qualità delle proprie immagini quando è in studio.
Come scegliere l’obiettivo
In primo luogo bisogna capire di cosa si ha bisogno e quanti soldi si hanno a disposizione. Fissati questi due parametri solitamente la scelta si restringe a meno di una decina di ottiche. Di certo non ci si spingerà verso l’acquisto di un grandangolare se si vuole fare caccia fotografica oppure per la foto di paesaggio non ci si avventurerà verso un teleobiettivo. Il problema resta capire quale obiettivo è quello che fornisce la migliore qualità ottica. Purtroppo nessun fabbricante fornisce i valori dei coefficienti di aberrazione al più vengono dati degli scarni grafici sulla risolvenza. Se si avesse la possibilità la scelta migliore sarebbe quella di effettuare in proprio dei test sull’obiettivo fotografando opportuni campioni. Tuttavia vi sfido a trovare un negoziante che vi mette a disposizione delle ottiche per farvi condurre i vostri test! A questo punto non resta che affidarsi alla rete. Esistono diversi siti specializzati che provano obiettivi, io vi consiglio questo. Potete navigare l’archivio degli obiettivi selezionandoli per lunghezza focale, innesto o costruttore. Per molti sono presenti i test al banco ottico, anche noti come test MTF, questo deve essere il primo parametro di scelta, per altri invece sono presenti delle recensioni degli utenti, vi consiglio di prendere con le pinze quest’ultime, dopo un acquisto difficilmente si tende ad ammettere di aver preso un bidone. A maggior ragione vi invito a pesare bene ciò che leggete su siti generalisti o comunque non specializzati in fotografia, in questo caso capita che siano scritte da neofiti che considerano il 200mm che comprato un ottimo acquisto, magari migliore di altri 200mm solo perché… ingrandisce parecchio e possono fotografare oggetti lontani :/. In mancanza dei test MTF potete cercare delle recensioni effettuate con delle mire ottiche. Le mire ottiche sono degli appositi campioni che è possibile trovare in vendita su siti specializzati, anche italiani, con delle immagini che servono per stimare la risoluzione o la resa dei colori. Si trovano abbastanza frequentemente sui siti di fotografia americani, spesso confrontando diversi obiettivi in prova, a volte di qualcuno di questi potete trovare il test MTF, come ulteriore riferimento. Per il resto tenete presente che a parte rare e ben conosciute eccezioni di obiettivi economici dalla resa eccellente, la qualità sale col prezzo. Purtroppo.
Glossario
Apocromatico: si dovrebbe utilizzare questo aggettivo solo per gli obiettivi che sono corretti perfettamente per le aberrazioni cromatiche, ma ci sono alcuni costruttori che tendono ad abusarne.
Asferico: si dice di un obiettivo che presenta una o più superfici ottiche con un raggio di curvatura variabile, che vengono utilizzate per minimizzare le aberrazioni. Fino a qualche tempo fa la progettazione di tali lenti era piuttosto complicata, ora con l’uso del calcolatore risulta più facile progettarle, ma la loro realizzazione è comunque più costosa delle comuni lenti sferiche.
Bassa dispersione: si dice di lenti che hanno un indice di rifrazione molto simile per tutte le lunghzze d’onda della luce. I teleobiettivi di alto livello presentano una o più lenti di questo tipo, ad esempio in fluorite. Questo fa crescere notevolmente i costi.
Catadiottrico o catottrico: si tratta di obiettivi che hanno degli specchi nello schema ottico, tipicamente teleobiettivi. Non permettono di variare l’apertura del diaframma. Da un po’ di tempo questo tipo di schemi è caduto in disuso. Hanno il vantaggio di essere più piccoli e leggeri dei teleobiettivi che utilizzano solo lenti (rifrattori).
Decentrabile: si tratta di una particolare categoria di obiettivi che permette il decentramento del gruppo ottico, si utilizzano principalmente per la correzione delle linee cadenti nelle foto di architettura. Come tutti gli obiettivi specialistici sono costosissimi.
Macro: altra dizione abusata, un obiettivo si dovrebbe definire macro se e solo se permette di raggiungere il rapporto di ingrandimento 1:1 (le dimensioni del immagine sul piano focale sono uguali a quelle del soggetto) senza l’utilizzo di altri dispositivi. Oramai vengono chiamati macro anche obiettivi che si fermano a 1:4 (l’immagine riprodotta sul piano focale è quattro volte più piccola del soggetto).
Originale: si dice di un obiettivo della stessa casa del corpo macchina
Soft focus o Defocus: Sono obiettivi, solitamente dei medio tele a focale fissa che tramite alcuni accorgimenti sul diaframma permettono di ottenere un effetto fluo, di sfocatura. Vengono utilizzati principalmente nel ritratto, ma sinceramente ne sconsiglio l’acquisto, lo stesso effetto si può ottenere con un più economico filtro.
Stabilizzato: alcuni teleobiettivi al loro interno hanno un sistema di stabilizzazione che permette di scattare anche con tempi un po’ più lunghi del normale. Il sistema è collegato a dei senzori che spostano un gruppo dell’obiettivo in maniera da compensare gli spostamenti dovuti a vibrazioni per ottenere immagini più nitide. Considerate questa opzione se avete intenzione di utilizzare spesso il teleobbiettivo in condizione di luce scarsa.
Ultrasonic o Hypersonic: alcuni obiettivi montano questo tipo di motori per la messa a fuoco che garantiscono velocità e silenziosità.
Universale: si dice di un obiettivo non costruito dal fabbricante del corpo macchina, ma da altri e disponibile con diversi innesti. Solitamente costano meno degli equivalenti originali grazie all’economia di scala, talvolta però vi sono tolleranze costruttive maggiori.
Se questa breve guida vi è stata d’aiuto lasciate un commento, chiedete spiegazioni ulteriori o segnalate inesattezze. Ne sarò lieto.
[1] Vediamo chi coglie la citazione nel titolo…
[2] Dal punto di vista di chi progetta obiettivi l’avvento dei nuovi sensori di dimensioni inferiori al negativo 35mm è stata una manna dal cielo, infatti la resa ottica di un obiettivo è migliore nella zona parassiale. Nonostante ciò sul mercato vengono proposte reflex con il cosidetto sensore full frame ossia delle dimensioni del vecchio negativo 35mm. Le ragioni sono diverse: in primo luogo i costruttori devono proteggere l’investimento dei professionisti che hanno acquistato interi corredi di ottiche grandangolari e ultragrandangolari che con un sensore più piccolo perderebbero la loro utilità. Inoltre sul mercato mancano ancora obiettivi grandangolari a focale fissa per sensori aps che possano sostituire i vecchi grandangolari. C’è da aggiungere che un sensore più grande a parità di risoluzione presenta un rapporto segnale rumore minore, ma questo gap è destinato ad essere colmato in breve vista la rapida evoluzione dei sensori. Infine il marketing: ci sono tanti neofiti che ignorando le leggi dell’ottica ritengono un sensore di dimensioni maggiori un vantaggio e su questi una reflex full frame esercita un certo fascino.
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